OSIO SOTTO

OSIO SOTTO

STORIA DELLA BIBLIOTECA

La biblioteca del comune di Osio Sotto è stata inaugurata ufficialmente nel 1975 in una sala ricavata al pian terreno degli edifici comunali. Fu strasferita, nel 1979, presso la palazzina di Via Foscolo dove restò per 13 anni fino al gennaio 1993, mese in cui la biblioteca si trasferì definitivamente presso l'attuale "Centro Culturale Don Bepo Vavassori" che allora era conosciuto come "Palazzo Alborghetti" occupandone l'intero primo piano...

 

ANALISI STORICA E ARCHITETTONICA DELLA FORNACE (Villa Alborghetti)

Il materiale contenuto in questa pagina è tratto integralmete dal volume "La Fornace - uomini e famiglie nella storia di Osio Sotto" di Marino Paganini, pp. 171-179, e riporta la relazione sull'immobile redatta dall'arch Bruno Sciola su incarico dell'Amministrazione Comunale di Osio Sotto.

Gli appunti che seguono, riguardanti la parte della casa padronale acquistala dal comune, nascono dalla analisi svolta in sede di rilievo architettonico, integrata dalle notizie e dai documenti attualmente disponibili (notizie e documenti messi a disposizione da Marino Paganini).
Si tratta di considerazioni preliminari, che potranno ricevere ulteriori approfondimenti solo con un'indagine stratigrafica estesa a tutto l'edificio.

Il fine di queste note è:
1. offrire elementi utili alla ricomposizione della storia dell'edificio;
2. individuare processi di trasformazione che hanno impropriamente aggiunto elementi nel tempo.

Dell'insieme di immobili denominato "la Fornace" si ha notizia a partire dal XVI secolo; più precisamente, I documenti parlano di "una casa da patrone" con "stallo da massaro", "fornace", "giardino e orto".
Ad eccezione della "fornace", questa ripartizione in spazi e funzioni rimarrà sostanzialmente invariata sino agli anni cinquanta (periodo in cui iniziano demolizioni, ristrutturazioni e frazionamenti).
Per quanto riguarda più propriamente la parte in esame, il primo intervento documentabile risale al 1673 anno in cui Pietro Salvagli fa restaurare la casa, come ricorda l'iscrizione del portale che reca in chiave lo stemma di questa famiglia.
Un documento del XVII secolo (biblioteca Civica di Bergamo) ci offre l'immagine, seppure sommaria, dell'edificio visto dalla strada per Bergamo.
Si può affermare che dopo tale intervento, ad eccezione forse di alcune "migliorie" introdotte nel secolo XVIII dai Vailetti-Salvagni e di alcune aggiunte introdotte dagli ultimi proprietari nel secolo XX, la casa non ha più subito sostanziali modifiche.
Per quanto riguarda le aggiunte introdotte nel XX secolo, esse sono chiaramente individuabili grazie alla minuziosa descrizione della casa contenuta nell'atto di consegna del 1867.
È a questa descrizione e alle mappe catastali del 1809 (Archivio di stato di Milano) e del 1853 (Archivio di Stato di Bergamo) che è stata riferita la lettura di cui al precedente punto 2.

Il luogo in cui sorge "la Fornace" è posto esternamente alla borgata agricola, a Nord di essa, lungo la strada che dal borgo conduce in città. "La Fornace" si compone di una struttura territoriale e di una struttura architettonica.
La prima è formata dall'insieme delle terre di proprietà del dominus.
La seconda è costituita:
- dalla resistenza del dominus;
- dai rustici, che possono andare dalla casa del fattore, alle case dei contadini, alle stalle, ai fienili e a tutto quell'insieme che costituisce l'apparato agricolo vero e proprio.
Nel caso specifico, si può pensare che questa struttura complessa sia da mettere in relazione con un dominus patrizio e non con un dominus feudale, anche se questi istituti sfumano spesso uno nell'altro, cosi come del resto I tipi architettonici che li rappresentano, la villa e il castello.
"La Fornace", in quanto struttura architettonica, può essere classificata come "villa" con riferimento a questa tipologia così come essa viene codificandosi nel XV secolo.
Villa forse modesta per qualità e quantità, alla portata di un dominus di limitate disponibilità.
È opportuno, accennare brevemente ad alcune caratteristiche di questa tipologia, per poter verificare la congruenza della classificazione proposta.
È con la cultura dell'Umanesimo che la villa, pur mantenendo un rapporto preciso con la conduzione agricola dei terreni di proprietà del dominus, diviene, al tempo stesso, il luogo in cui egli si ritira per liberarsi dai condizionamenti della città e nell'ambiente naturale coltivare gli "otia" umanistici, comprensibili solo come completamento della vita urbana.
Il vivere in villa è quindi uno status proprio del cittadino.
Dal punto di vista architettonico la villa possiede precise caratteristiche:
- il luogo: salubre, adatto alle attività agricole, ma sopratutto tale da garantire assieme al vantaggio di essere immerso nella campagna, anche la sensazione fisica del contatto con la città, sia come contatto panoramico, sia per la brevità del percorso.
- Le strutture edilizie: l'abitazione del dominus, raccolta attorno ad uno spazio gerarchicamente più importante in cui soggiornare, dal quale si disimpegnano le sale da pranzo, le camere e gli ambienti di servizio (cucina, dispensa, cantina, ecc.)

Questo spazio principale di soggiorno è in rapporto visivo diretto con l'esterno, con la natura circostante o più semplicemente con il giardino. Il giardino è un elemento fondamentale della villa; esso è la materializzazione fisica del desiderio umanistico di dare ordine alla natura (si pensi al giardino all'italiana).
Accanto poi alla casa del dominus ci sono le strutture edilizie rurali, gerarchicamente dipendenti, definite secondo un ordine di dignità progressiva, nelle quali la corte diventa stallo, il giardino diventa orto e l'abitazione obbedisce a criteri di stretta necessità.
Per quanto riguarda il territorio della Serenissima, la villa trova diffusione su tutto il territorio della Repubblica a partire da XV secolo.
Parallelamente al declino dell'economia mercantile si assiste ad una progressiva opera di trasformazione della terraferma in area agricola (accorpamenti di proprietà, canalizzazioni, introduzione di nuove razze zootecniche e di nuove colture). Questo fenomeno, che si intensificherà sempre più nel XVI e XVII secolo, recupera tutti i caratteri dell'esperienza umanistica.

La parte della residenza padronale in esame presenta una pianta a forma di L, composta da:
- un corpo di fabbrica parallelo alla strada per Bergamo ( due piani fuori terra + sottotetto);
- un corpo risvoltante che divide la corte dal giardino e che è formato da una torre (quattro piani) e da un collegamento (cantina + due piani fuori terra) fra torre e corpo su strada.

 

Il  primo è un corpo doppio formato da stanze su strada + portico/galleria su corte. Strutturalmente la parte su strada è costituita da murature longitudinali portanti che ricevono i carichi della copertura e da murature trasversali che reggono i carichi delle volte, delle travi dei solai e del colmo del tetto.
A questa struttura si addossa la parte del portico/galleria. Nel complesso si configura una articolazione di stanze accostate (esposte a Mezzogiorno) disimpegnate da un elemento di connessione (portico galleria esposto a Levante).
Al piano terra vi è una successione di spazi voltati:
- l'androne d'ingresso, con portale secentesco a bugna listata, è coperto da volta a botte lunettata (in uso a partire dal Rinascimento). La pavimentazione è in cotto a coltello, disposta a spinapesce con guide di arenaria. Questa pavimentazione si estendeva anche al portico, il quale è a otto luci (di cui una risvoltante aggiunta in epoca successiva), con archi policentrici (in uso a partire dal Rinascimento) su colonne doriche di pietra arenaria ed è coperto da volte a crociera. Il porticato è l'elemento prioritario nell'organizzazione di questo piano; su di esso si innestano tutti gli altri spazi, distinguibili in spazi di rappresentanza (quelli con vista sul giardino) e spazi di servizio.
A Nord, sul prolungamento del porticato, un androne disimpegna le stanze di soggiorno-pranzo. Questo androne è stato alterato con l'introduzione della scala di collegamento coi piani superiori e dalla chiusura del collegamento coi piani superiori e dalla chiusura del collegamento con le stanze di levante.
La grande stanza d'angolo è certamente lo spazio più importante della casa. Di buone proporzioni, essa è coperta da una volta a schifo lunettata su cui affiorano in alcuni punti tracce di decorazione. Questa stanza si presenta alterata sia per la costruzione della tramezzatura che per la chiusura delle aperture che davano sulla strada e sul giardino. Le stanze di servizio, disposte fra la strada e il porticato, originariamente organizzate in successione (i contorni delle porte sono rimasti nel muro) sono coperte da volte a botte (tipo di copertura in uso appunto per i locali di minore importanza). Le due porte, che attualmente mettono in comunicazione questi spazi con la strada, sono state aperte posteriormente al 1867. Dal porticato, tramite un apertura con arco a tutto sesto, si accede alla scala principale di collegamento con il piano superiore, a due rampe con gradini di arenaria, coperta da volta a botte e ripiano a crociera.
Al primo piano:
- la saletta di arrivo delle scale (con nicchia di fondo) che divide il corpo di fabbrica in due parti, composte da una serie di stanze passanti su strada e da una galleria su corte con coperture in travi con sovrastante impalcato. Nelle tre stanze a Nord, tracce di decorazione ad affresco; cassettoni del soffitto decorati, serramenti con soprastante svecchiatura dipinta su tela (paesaggi agresti e rovine archeologiche, temi tipici del settecento) ne individuano il carattere più propriamente padronale.

 il corpo risvoltante ha stanze prospettanti sul giardino; al piano terra esse compongono con la stanza d'angolo la parte di rappresentanza della casa. Sono coperte da volte a schifo con affreschi illusionistici rappresentanti sfondati architettonici (in uso a partire dal seicento).
La lunga e bassa fronte sulla strada per Bergamo è caratterizzata da una spoglia superficie muraria, in cui i pieni sono fortemente preponderanti sui vuoti; unico elemento di arricchimento è la presenza di arenaria, con cui sono realizzati la zoccolatura, i contorni delle aperture (con inferriate sei-settecentesche) e i conci che segnano lo spigolo a nord. La successione verticale dei vuoti è costituita da finestre quadrate a piano terra, da finestre allungate (rapporto 1:2) al primo piano e da finestrelle nel sottotetto.
La facciata, così come si presenta, ha subito alcune alterazioni: chiusura di due finestre a Nord (quadretti della stanza grande del piano terra), apertura di due porte e di due finestre (quelle estreme) a Sud. La facciata sulla corte è caratterizzata da un porticato (intercolumnio/colonna = 1/1) con soprastante muratura a finestre (galleria) disposte con logica del tutto autonoma rispetto al sottostante porticato. La successione verticale dei vuoti è conclusa dalle finestrelle ovali del sottotetto. Probabilmente le aperture della galleria e del sottotetto hanno subito modifiche di posizione.
Il fronte sul giardino è quello che presenta il maggiore interesse, anche se la situazione attuale si presenta alterata soprattutto nella posizione delle finestre del primo piano. L'elemento caratterizzante è la torre, costruita quale emergenza a scala territoriale; in funzione della posizione della torre è tracciato il disegno del giardino e della campagna a Nord. Essa si innalza su un basamento architettonicamente indefinito; a partire dalla linea di gronda degli edifici laterali si innalzano due paraste giganti (di ordine dorico) su cui poggiano trabeazione e timpano. Questa parte della facciata (che è più larga dei vani retrostanti) è arricchita da decorazioni in ceppo (vasi con frutti sul timpano e chiocciole giganti ai lati delle paraste). Basamento e parte soprastante si connettono mediante la successione dei vuoti centrali conclusi da una serliana. Nella restante parte la facciata, organizzata su due piani, non presenta elementi di particolare rilievo. Unico elemento di decorazione i contorni di alcune aperture e i conci che segnano lo spigolo Nord. Da sottolineare che le aperture della stanza ad angolo del piano terra (porta con finestre laterali) sembrano suggerire l'autonomia della testata dell'edificio su strada dal corpo risvoltante.

Il catasto del 1809 ci mostra quale doveva essere il giardino fin dai tempi della risistemazione della torre. L'organizzazione del giardino è impostata su due percorsi che lo suddividono in quattro settori. Un percorso tagliava il giardino trasversalmente e metteva in comunicazione la strada per Bergamo (sulla quale era intestato un ingresso) con la strada per Levate; l'altro percorso, perpendicolare al primo, aveva come meta la torre su un lato e la campagna sul lato opposto. In più, a Nord-Est sul proseguimento ideale di quest'ultimo percorso, una larga striscia di campagna veniva probabilmente tenuta a prato al fine di far vedere la torre (e quindi preannunciare la villa) anche da lontano.
Il verbale di consegna del 1867 (anche se nel frattempo parte del giardino era stato trasformato in orto) fornisce una interessante seppur laconica descrizione:
"… L'ortaglia è divisa in diversi scomparti con siepe di mirto, ed il prato in forma di ellisse circondata da numero trentasei piastrini di vivo, con cimasa sagomata dell'altezza cadauno di m 0,80… due pilastri all'ingresso allo stradone dei quali uno rotto alla base…";
e ancora, dopo aver descritto in dettaglio gli alberi da frutto:
"… Vi è uno spalto tutto coperto da carpani per tutta la lunghezza del caseggiato con in fondo analogo bersò, in tutto composto da numeri 45 carpani di diversa grossezza, e tutto ciò senza alcun sostegno.
Altro bersò di prospetto all'entrata della strada, con muri di prospettiva e relativa scarpinata…"
arch. Bruno Sciola